lunedì 26 gennaio 2009

Gratis!

Ci siamo quasi.
Tra non molto inizierà la mostra "Gratis" (dal 20 febbraio al 4 aprile nello spazio espositivo "Grande Miglio" del Castello di Brescia), di cui Silvia Cascio vi aveva già parlato in un post precedente.
Prima della mostra vera e propria, però, vi sarà una sorta di "anticipazione", in cui parte delle opere verranno esposte in diversi luoghi di lavoro, dislocati in modo capillare nella provincia di Brescia.
A me è toccata la tipografia-scatolificio Arrigoni di Bagnolo Mella. Esporrò insieme alla pittrice finlandese (bravissima) Anna-Riikka Leppala. Anche qui vi sarà una piccola inaugurazione, di cui vi farò sapere tempi e modi al più presto.
"Beccatevi la locandina", intanto, e rimanete sintonizzati.

sabato 17 gennaio 2009

Imago che?

Come molti di voi avranno letto, è da poco uscito nelle sale un film dal titolo Imago Mortis, diretto dal regista Stefano Benossi. M'immagino già diversi appassionati BF che stanno storcendo il naso, per la somiglianza piuttosto imbarazzante tra il titolo citato e quello di un nostro prodotto realizzato tra il 1999 e il 2000, il tanto biasimato Imago Daemonis. (Mi ricordava Sin Conn, in una recente telefonata, che nel ventaglio di possibili titoli latini che, all'epoca, inventammo - e da cui poi "pescammo" Imago Daemonis - c'era anche Imago Mortis).
Per dirla tutta, a "citare" (involontariamente, lo sappiamo) Imago Daemonis ci s'era già messo Roman Polanski con il suo La nona porta, il cui soggetto ricalca pedissequamente quello scritto dal nostro Sin Conn, anche se il fatto che entrambi abbiano preso spunto da un romanzo preesistente (Il club Dumas, di Arturo Pérez-Reverte) scagiona parzialmente il regista polacco e i suoi sceneggiatori.
La cosa che più ci dette fastidio, all'epoca, furono i mormorii di buona parte dell'"intellighenzia" del liceo, che ci tacciavano di aver ricalcato, imbruttendola, la trama de La Nona Porta. E invece eravamo noi che, mesi prima dell'uscita del film interpretato da Johnny Depp (in una delle sue peggiori performance, questo almeno diciamolo) avevamo "buttato giù" quella trama, poi modificata drasticamente durante la travagliatissima lavorazione del film... (girammo alcune scene anche a Londra, mai inserite nel montaggio per problemi tecnici).
Ora che succede, dopo aver tentato di scopiazzare la trama scopiazzano pure il titolo?
Povero Imago Daemonis... pure lo stile grafico dei titoli di Imago Mortis sembra esserne una citazione... Sulla trama del film di Benossi, invece, nulla da dire... pare piuttosto interessante. Che valga il prezzo del biglietto? Se troverò, come spero, il tempo per andarlo a vedere, ve ne renderò certamente partecipi. Intanto, gustatevi una delle scene più riuscite di Imago Daemonis, già pubblicata in un precedente post.


Un estratto di Imago Daemonis (2000). Da far venire i brividi...

giovedì 15 gennaio 2009

Addio, numero 6!

Non posso esimermi dal rivolgere un pensiero (e un saluto) al grande Patrick McGoohan, scomparso a Los Angeles pochi giorni fa, che tutti (molti) ricordiamo soprattutto come grande interprete (oltre che ideatore e regista) della controversa e ancor'oggi moderna serie tv The Prisoner.
Personalmente (entrando nei ricordi d'infanzia) lo voglio ricordare anche nel ruolo di Mr Deveraux in Wagon Lits con Omicidi (film divertentissimo con Gene Wilder e Richard Pryor), e in diversi episodi del telefilm Colombo, interpretato da Peter Falk (i due erano grandi amici).
Addio, Patrick... ora sei finalmente "un uomo libero"!


La celeberrima sequenza di testa de Il prigioniero.

mercoledì 14 gennaio 2009

La veridicità del ricordo - 2

Mi parve subito naturale trasferire il ragionamento sul "ricordo del passato", sul nostro modo spesso inobiettivo, per non dire reticente o bugiardo, di portare alla luce i nostri ricordi farcendoli di situazioni esagerate o omettendone volontariamente le parti meno interessanti o più scomode.
Fu proprio questo l'argomento della conversazione tra me e Giorgio mentre ci recavamo, in auto, sul set della prima giornata di riprese, ovvero un sentiero, da me casualmente scoperto, che costeggia il fiume Oglio nei dintorni di Paratico (provincia di Brescia) e interseca prima uno strano canale artificiane (utilizzato, credo, per il raffreddamento dei macchinari delle vicine industrie) e successivamente la ferrovia semi-dismessa Palazzolo-Paratico (che periodicamente viene utilizzata per la messa in funzione di suggestivi treni storici o a vapore).



L'idea che ne scaturì fu quella di dividere il corto in due parti. La prima l'avremmo girata in quel giorno, e riguardava una sorta di viaggio del protagonista all'interno del suo passato, o meglio della sua memoria, alla ricerca di "connessioni perdute" (cito volontariamente il lavoro, mai ultimato ma dal titolo sicuramente accattivante, di un mio compagno di università); la seconda, che avremmo girato in un secondo momento, avrebbe raccontato il suo tentativo di dare un senso a ciò che ha visto in questo viaggio, di mettere in ordine i "frammenti incoerenti" raccolti durante questa esperienza.
Si decise di dare in mano al protagonista una macchina fotografica (che provvidenzialmente avevamo preso con noi) e di fargli percorrere, uno dopo l'altro, tutte le possibili "strade" che la particolarissima ambientazione ci metteva a disposizione.
Ripresi Giorgio che cammina sulla ferrovia, Giorgio che percorre il canale (fortunatamente vuoto, perché nel mio precedente sopralluogo c'erano acqua di altezza superiore al metro e relativi pirla che vi si divertivano gettandovisi pericolosamente dal vicino "argine" e facendosi trasportare dalla corrente); Giorgio che si muove in riva in riva al fiume, eccetera... e in ogni situazione scatta una fotografia, come se non solo stesse cercando la via d'uscita da un tunnel, ma anche cercasse di fissare nella memoria ogni soluzione praticabile. Una specie di Pollicino post-moderno che cerca di ritrovare una strada segnata in maniera discontinua, imprecisa e continuamente fuorviante, che vaga alla ricerca della sua memoria su sentieri privi di connessioni reciproche. Può apparire ermetico, ne sono consapevole, ma l'idea di partenza era qualcosa del genere, un concetto sicuramente già abusato in filosofia e letteratura (e pure nel cinema, come ho da poco appreso grazie all'amico Chystian Ryder), ma di indubbio fascino.
La macchina super 8 del mio babbo (farcita delle 8 pile stilo occorrenti all'alimentazione del motore e dello zoom elettronico - che per l'epoca doveva essere un lusso), ferma da chissa quanti anni (per non dire decenni), si comportò egregiamente, fino a quando l'indicatore della metratura della pellicola cominciò a indicare che la cassetta era quasi finita, circa un minuto e mezzo prima dei cinque minuti di girato previsti.
Non mi ci volle molto per capire che i "cinque minuti previsti" erano "previsti" girando a 16 fotogrammi al secondo (ovvero il passo preferito dai videoamatori dell'epoca); mentre io (un po' ingenuamente, bisogna sottolinearlo) avevo optato per i molto più cinematografici 24 fotogrammi, che... che ovviamente consumavano un terzo in più della pellicola, a parità di tempo trascorso.
La "fine della pellicola", una specie di circostanza inesistente per chi è abituato a riempirsi le tasche di cassette Sony Premium da 3 euro (non ascoltate quelli che dicono che sono pessime, sono più o meno tutte uguali), ci costrinse a porre fine in anticipo ad una giornata di riprese comunque molto positiva.
Per la seconda parte del corto, di cui parlerò a breve, saremmo "tornati" (ritorno al futuro, !?) al digitale.

sabato 3 gennaio 2009

La veridicità del ricordo - 1

Dopo qualche giorno di assenza dovuto alla pausa natalizia, torniamo alla ribalta per parlare finalmente - de La veridicità del ricordo, prodotto BF piuttosto articolato (sia narrativamente che tecnicamente), sulla cui lavorazione, e non solo, c'è parecchio da dire.
Ma prima vediamo insieme il filmato, fresco di caricamento su youtube in versione 16/9 (la precedente versione in 4/3 è già presente sul web da qualche mese).


Potete visualizzare il filmato in bassa definizione a questo indirizzo:
http://it.youtube.com/watch?v=OWvOgkcigSE

Al contrario di quanto molti hanno pensato (e non si sono esimati dal riferirmi), La veridicità del ricordo non è un'accozzaglia di riprese a caso cui si è tentato di dare un senso a posteriori. Il discorso di fondo (quello spiegato nei "cartelli", che nella versione definitiva hanno sostituito la voce fuori campo), era presente prima delle riprese.
Ricordo ancora una chiacchierata telefonica con l'amico attore Giorgio Locatelli, che mi spronava ad inventarmi qualche idea per utilizzare la pellicola super 8 che avevo comperato da qualche mese ma che tenevo in un cassetto, con il rischio che "scadesse", a causa della mia incipiente crisi d'ispirazione post-universitaria (trattavasi di un modello di "cassetta" della kodak, 40 asa di sensibilità; modello rimasto in vendita per decenni, che ha veramente fatto la storia del video amatoriale negli anni settanta e ottanta, ed è uscito di produzione da pochi anni, poco dopo il mio acquisto).
Parlando con Giorgio in merito alle riprese da realizzare "in super 8", mi venne in mente un passo di una mia lettura di poco tempo prima, L'intepretazione dei sogni di Freud, che mi aveva particolarmente colpito. Si trattava di una riflessione circa l'impossibilità di ricordare perfettamente un sogno, e la conseguente tendenza a ricostruirne i nessi mancanti con l'immaginazione, creandone una versione parallela che ci convinciamo sia autentica.

Ma contro il ricordo del sogno, nel suo complesso, esiste un'obiezione capace di ridurne considerevolmente il valore per chi lo consideri criticamente: il nostro ricordo, che omette tanta parte del sogno, non falsifica forse ciò che conserva?
Anche Strumpell esprime un dubbio di questo genere sull'esattezza della riproduzione del sogno: "Accade allora facilmente che la coscienza vigile inserisca involontariamente qualcosa nel ricordo del sogno: immaginiamo di aver sognato ogni specie di cose che in realtà nel sogno non c'erano."
Molto deciso è Jessen: "Nell'esame e nell'interpretazione di sogni coerenti e rigorosi, occorre vagliare attentamente il fatto, sinora a quanto pare trascurato, che la loro verità è quasi sempre poco soddisfacente: perché quando richiamiamo alla memoria un sogno, colmiamo e integriamo, senza farci caso o senza volere, le sue lacune. Raramente e forse mai un sogno coerente è stato così coerente in realtà come ci appare nel ricordo. E' difficile, anche per la persona più sincera, raccontare un sogno bizzarro senza aggiunte e senza abbellimenti; l'aspirazione dello spirito umano a cogliere un nesso in ogni cosa è così intensa da spingerci a colmare involontariamente i difetti di coesione rilevabili in un sogno in qualche modo sconnesso".
Suonano quasi come una traduzione delle parole di Jessen queste osservazioni di Egger, concepite senza dubbio indipendentemente: "... l'osservazione dei sogni ha le sue particolari difficoltà e il solo modo di evitare un errore in tale campo è di mettere per iscritto senza alcun indugio ciò che si è appena provato e notato; se no, sopravviene subito l'oblio, totale e parziale; l'oblio totale non è grave, ma l'oblio parziale è perfido, perché se ci si pone poi a raccontare quel che non si è dimenticato si è portati a completare con l'immaginazione i frammenti incoerenti e disgiunti forniti dalla memoria...; si diventa artisti senza saperlo, e il racconto, periodicamente ripetuto, s'impone alla credenza del suo autore che, in buona fede, lo presenta come fatto autentico, debitamente stabilito secondo le buone regole...".
Da Sigmund Freud, L'interpretazione dei sogni, ed Universale Bollati Boringhieri, Torino, 1973, pagg. 43-44.

Di come da Strumpel e Jessen si sia arrivati a "La veridicità del ricordo" parleremo nei prossimi post. Approfitto dell'occasione per augurarvi un 2009 ricco di soddisfazioni, per voi stessi - innanzitutto - e per chi vi sta accanto.